Le elezioni presidenziali in Francia

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Il 23 aprile e il 7 maggio 2017 si sono svolte, in due turni, le elezioni presidenziali in Francia. A vincerle – alla guida di una formazione politica di recentissima istituzione, «En Marche!», fondata nell’aprile 2016 – è stato Emmanuel Macron, un giovane e brillante funzionario di alto livello dell’amministrazione repubblicana, ex banchiere, ex socialista e poi, come indipendente, ministro dell’economia, dell’industria e del digitale nel governo del primo ministro socialista Manuel Valls (2014-2016).

Questa vittoria ha un valore per molti aspetti paradigmatico e segna un passaggio importante nella storia francese più recente. Essa, infatti, non ha soltanto arginato la prepotente avanzata del Front National di Marine Le Pen, un partito dichiaratamente di destra, di netta ispirazione populista, sovranista, islamofoba e antieuropeista, che pure è giunto al ballottaggio e ha raccolto consensi molto ampi. Ha anche reso evidente, sancendo un successo in gran parte «personale», la crisi profonda in cui versano le tradizionali forze politiche della Quinta Repubblica: da un lato, il centro-destra repubblicano, alla guida del paese dal 1995 al 2012 con i presidenti Jacques Chirac (1995-2007) e Nicolas Sarkozy (2007-2012); e, dall’altro, il Partito socialista, ai vertici della politica francese prima con François Mitterrand (1981-1995) e poi con François Hollande (2012-2017).

Anche sul terreno più ampio della politica europea l’elezione di Macron è densa di implicazioni. Una vittoria del Front National avrebbe posto infatti una gravissima ipoteca sulla tenuta del processo di integrazione, già messo a dura prova in Gran Bretagna il 23 giugno 2016 dal referendum sulla Brexit. Il neo-presidente, invece, ha assunto fin dal principio della sua campagna elettorale precisi impegni pro-Europa, prospettando anche riforme strutturali finalizzate a un rafforzamento dell’Unione in termini di crescita e di armonizzazione delle politiche dei vari Stati membri, soprattutto sul piano fiscale e sociale.

Inizieremo a capire nei prossimi mesi se l’europeismo del neo-presidente potrà effettivamente contribuire a un rinnovamento delle strutture comunitarie oppure ci restituirà una riedizione di poco aggiornata di una «Europa dei forti» costruita sul tradizionale asse franco-tedesco. Di certo però, almeno per il momento, l’elezione di Macron ha eretto un’importante barriera contro il vento populista e antieuropeista che ormai da anni soffia impetuoso sui destini e il futuro dell’Ue e di molti dei suoi Stati membri.

 

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