Pandemia

Il tratto sicuramente più caratteristico dell’«era globale» consiste nella sproporzione crescente tra la natura dei problemi che sfidano il genere umano e gli strumenti di cui esso dispone per risolverli. I primi hanno sempre più spesso dimensioni planetarie. Si pensi, per fare solo qualche esempio, al governo dell’economia, alle migrazioni, all’ambiente o al clima. I secondi, invece, sono ancora legati alla realtà tipicamente locale degli Stati-nazione, piccoli, medi o grandi che siano. Gli uni sono sempre più colossali. Gli altri sempre meno efficaci. Il risultato è un pericolosissimo circolo vizioso: si moltiplicano e si aggravano le turbolenze, le emergenze, le «crisi»; cresce l’incapacità di tenerle sotto controllo; e dilagano per reazione, in un quadro di disorientamento generale, le pulsioni «sovraniste», la tentazione di fortificare confini e frontiere e di fare da sé. In questo modo, i tentativi di risolvere i problemi finiscono per aggravarli ulteriormente.

La recente pandemia di Covid-19 – o se si preferisce di Coronavirus o di SARS-CoV-2 – ha mostrato ancora una volta questo stato di cose, mettendo sotto crescente tensione, anche se in diversa misura, i governi di tutto il mondo.

I dati del contagio

Conviene anzitutto partire dai numeri complessivi del contagio, che per mesi sono andati crescendo di giorno in giorno. Il sito dell’Organizzazione mondiale della sanità ne offre una rappresentazione imperfetta e sicuramente sottostimata – ma già così altamente drammatica – a partire dall’inizio di gennaio 2020. È allora che l’epidemia, iniziata sicuramente qualche mese prima, è venuta alla luce nella megalopoli cinese di Wuhan, nella provincia di Hubei, nella forma di una malattia respiratoria acuta e di eziologia ignota, una polmonite atipica e particolarmente aggressiva (https://covid19.who.int). 

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